Parole e immagini

Ora ne siamo più convinti di ieri, di quanto siano utili le immagini per l’apprendimento, le icone affianco al testo, le mappe concettuali per schematizzare, la frammentazione dei lunghi discorsi con contenuti visivi che stimolino e completino la riflessione.

Ora che le immagini ci pervadono anche in negativo, esse stesse ci salvano dall’eccesso di spunti. Quando scrivo della loro negatività mi riferisco forse di più a quelle della tv generalista, dei programmi quotidiani in cui spesso non c’è un modello comportamentale da cui attingere. Cioè non siamo più di fronte alla tv degli albori, che intimoriva il politico delle prime Tribune, che insegnava a leggere e scrivere al popolo purtroppo analfabeta del dopoguerra, della fascia pubblicitaria di Carosello che era il momento di svago di molti bambini. C’è tanta cultura oggi in tv come tanta bassezza appositamente messa in scena per palesarci ogni aspetto caratteriale dell’uomo moderno, come nei litigi stupidi ma coloriti di Uomini e Donne, mentre Maria ride sotto i baffi consapevole del gioco che sta muovendo senza tanta fatica.

Il punto è che le tv deve mostrare contenuti senza sosta e non può offrire solo roba di spessore, perché tutti sentiamo il bisogno di una pausa dopo aver studiato un’ora intensamente.

Abbiamo generato YouTube in quanto user e dal 2005 ci riforniamo anche da lì, e ci troviamo l’alto e il basso.

Il vero punto è questo: non siamo legati al tempo per guardare cose. Non ci sono più i cartoni su Italia Uno alle quattro del pomeriggio. Si sono moltiplicati, hanno messo al bando l’esclusiva delle puntate nuove, hanno messo su un canale proprio, poi 2-3-4, hanno ormai una loro tv a pagamento.

Siamo nell’era del non-appuntamento, col cartone, col film, con la fiction.

Viviamo nel quŏtĭescumquĕ. Ho cercato questo latinismo in questo stesso istante: penso, apro il browser, cerco, ctrl+c, ctrl+v, definisco il pensiero. Vogliamo e in qualsiasi momento abbiamo. Ci stiamo disabituando all’attesa, o forse lo siamo già, alle cose sulla punta della lingua.

E quindi stiamo cambiando anche fisiologicamente.

A scuola si mette nella lista dei casi particolari il bambino che tra quindici anni sarà forse la regola. Perché i disturbi dell’attenzione che portano alla redazione di piani di studio personalizzati, non derivano da alterazioni nel cervelletto o robe simili come si era ipotizzato inizialmente (si inizia a parlare di adhd negli anni ’80 negli Stati Uniti), ma dall’ambiente, dal ritmo di vita, dagli impegni che affannano, dalla velocità, dal rapporto in famiglia. In alcuni casi sono legati a vere patologie come l’ipoacusia.

Se questi sono i sintomi – l’incapacità di prestare attenzione ai dettagli e di aspettare il proprio turno, l’irrequietezza, la difficoltà a restare seduti e prestare attenzione, un comportamento impulsivo e vivace e molto fisico, la logorrea – è perché c’è troppo intorno.

Come quando mi sveglio alle 3 del mattino, ad esempio oggi, per via di un sonno leggero che termina la sua prima fase, di qualcuno che russa rumorosamente, della necessità di bere e, bom, i pensieri si accavallano, l’uno sopra l’altro, tutti ugualmente intensi e importanti e ridondanti. L’ansia mi tiene all’erta, mi rende più attiva, più solerte, a tratti più nervosa.

Per trarre informazioni dal TROPPO INTORNO molti nostri bimbi fanno fatica e hanno bisogno di espedienti speciali, sottoscritti. Ce ne sono in media due per classe almeno, attualmente.

Pe loro bisogna 1– Scandire bene le fasi della giornata che ci si appresta a svolgere. e il tempo per ognuna

2– Utilizzare immagini chiave e grafici durante le spiegazioni.

3- Preparare prove a risposte multiple e non aperte, da svolgere in minor tempo.

4- Fare pause più frequenti.

5- Apprezzare il lavoro svolto, fare complimenti

Tante proposte sono valide per tutti i bambini: a chi non farebbe piacere un complimento? Chi non gioverebbe di una articolazione migliore dell’argomento con mappe concettuali e icone?

Secondo una ricerca americana pubblicata sulla rivista Pediatrics, svolta su 2500 bambini 0-6 anni, sono le ore trascorse quotidianamente dai bambini di fronte alla tv a influire significativamente sullo sviluppo di disordini dell’attenzione e iperattività. Contenuti a parte, è proprio la velocità delle immagini, i FPS, gli stacchi continui, l’accelerazione visiva della pubblicità, ad alterare il cervello. Non soltanto tv ovviamente: cellulare, tablet, pc, videogame. Ci basiamo sempre più sul nesso primitivo stimolo-risposta.

Insomma troppe parole e immagini intorno a noi. Eppure una selezione di parole e immagini complementari per capire il mondo stesso.

“Ogni parola che proferiamo va scelta con cura, perché il prossimo la udrà e ne sarà influenzato, nel bene o nel male” Buddha

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